
I Tre Porcellini: un viaggio iniziatico tra Ombra, focolare e trasformazione
I Tre Porcellini: un viaggio iniziatico tra Ombra, focolare e trasformazione
di Hasan Andrea Abou Saida
Quella dei Tre Porcellini sembra una fiaba senza tempo, tramandata di generazione in generazione nelle nursery anglosassoni. Ma la sua storia letteraria è più recente di quanto immaginiamo. La prima versione scritta conosciuta compare nel XVIII secolo in Inghilterra, stampata in libretti popolari per l’infanzia, e viene poi fissata nell’Ottocento da James Orchard Halliwell-Phillipps (1843) e successivamente resa celebre dalla raccolta di Joseph Jacobs (English Fairy Tales, 1890). È quindi una fiaba relativamente giovane rispetto alle grandi narrazioni medievali o ai cicli mitici, ma custodisce radici molto più antiche nella tradizione orale europea, dove ricorrono storie di fratelli o animali che affrontano un predatore attraverso prove successive.

Sebbene la versione canonica della fiaba sia nata in Inghilterra, motivi simili compaiono in altre tradizioni europee, spesso intrecciati con figure animali o con fratelli che affrontano prove progressive.
- Tradizione francese: troviamo racconti con tre fratellini capretti o conigli, che devono difendersi dal lupo o dalla volpe. Il numero tre rimane invariato, a sottolineare la sequenza iniziatica di tentativi ed errori.
- Tradizione italiana: esistono varianti popolari soprattutto nell’Italia settentrionale, dove al posto dei porcellini compaiono agnelli o capretti. In alcuni casi, la bestia predatrice è l’orco o il diavolo, che come il lupo mette alla prova la stabilità della casa.
- Tradizione tedesca: i fratelli Grimm non raccolsero direttamente questa fiaba, ma nelle loro storie troviamo spesso la triade di fratelli (due che falliscono e uno che riesce) e la prova finale che richiede intelligenza e pazienza, ad esempio in Il lupo e i sette capretti e in altre fiabe con antagonisti predatori.
- Tradizione slava: compaiono racconti con animali casalinghi contro la volpe o il lupo, dove il tema della casa fragile/distrutta ritorna come allegoria della vulnerabilità dell’innocenza.
Nella forma che conosciamo oggi, tre fratelli porcellini abbandonano la casa natale e decidono di costruire ciascuno una dimora: uno di paglia, uno di legno, l’ultimo di mattoni. Il lupo cattivo, emblema della minaccia esterna, soffia e distrugge le prime due abitazioni, ma si infrange contro la solidità della terza. In alcune versioni più antiche e severe, la vicenda non si ferma alla vittoria: il lupo, deciso a entrare dal camino, precipita in un calderone bollente posto sul focolare, suggellando così la sua sconfitta definitiva.
“Ogni fiaba non è mai un racconto arbitrario, ma l’esito di funzioni che si ripetono con necessità.”
(Propp, 1928/2000, p. 23)
Con l’Ottocento e il primo Novecento la fiaba diventa anche strumento educativo: insegna ai bambini il valore del lavoro paziente e della lungimiranza. Ma non si esaurisce lì. Nel Novecento, con l’interpretazione di studiosi come Bruno Bettelheim, si comincia a leggere la storia in chiave psicologica e simbolica: i tre fratelli sono tre gradi dell’evoluzione dell’Io, mentre il lupo è l’Ombra che mette alla prova la solidità delle difese interiori. Da allora, la fiaba è entrata a far parte di un patrimonio universale che ha superato i confini inglesi, diffondendosi in tutta Europa (anche grazie alla celebre versione Disney del 1933) e assumendo di volta in volta toni educativi, morali, ma anche profondamente esoterici.

Dietro le casette di paglia, legno e mattoni si cela in verità un percorso simbolico che parla di crescita, di prove iniziatiche e di trasformazione interiore. In questa analisi ripercorreremo la vicenda intrecciando la morfologia del racconto con la psicologia del profondo e la tradizione esoterica, scoprendo come il lupo e i tre fratelli possano essere letti come figure archetipiche. A completare il quadro, esploreremo la mitologia e la simbologia del maiale nelle culture europee e nell’Antico Egitto: un animale ambivalente, legato alla fertilità e all’abbondanza ma anche al tabù, all’ombra e al potere ctonio-lunare.
“Le fiabe sono sogni collettivi, e come i sogni parlano un linguaggio dimenticato che la nostra coscienza deve riscoprire.”
(Fromm, 1951/2001, p. 17)
Le case dei porcellini non sono semplici rifugi, ma metafore dell’anima:
- La casa di paglia è l’illusione della leggerezza, la vita costruita sul momento, senza radici.
- La casa di legno è un passo avanti: crescita, struttura, ma ancora fragile, esposta alle intemperie dell’Ombra.
- La casa di mattoni è il sé consapevole, solido perché nato dal fuoco della trasformazione: la terra impastata e cotta diventa dimora stabile.
La fiaba ci dice che solo la terza scelta è quella autentica: l’edificio interiore che può resistere alla prova del tempo e del soffio distruttivo. Il lupo che soffia è l’archetipo dell’Ombra, la forza distruttiva che mette a nudo le difese illusorie. Non è solo un nemico: è un iniziatore, un guardiano della soglia che ci obbliga a verificare la consistenza delle nostre mura interiori.

Nelle versioni più antiche, quando il lupo scende dal camino, precipita in un calderone bollente posto sul focolare. Non viene soltanto sconfitto: viene trasmutato. L’energia cieca e predatoria si cuoce nel fuoco ordinato della coscienza. Non si elimina l’Ombra, la si integra.
“L’Ombra è quella parte dell’essere umano che non vuole essere riconosciuta: eppure, finché rimane nascosta, domina segretamente l’anima.”
(Jung, 1954/2010, p. 82)
La fiaba è un piccolo trattato alchemico:
- Aria: il soffio del lupo mette alla prova le difese.
- Terra: i mattoni resistono, frutto della materia consolidata.
- Fuoco: il focolare che arde prepara la trasformazione.
- Acqua: il calderone ribollente chiude il cerchio, trasformando la minaccia in nutrimento.
Dalla nigredo dei crolli, all’albedo della ricerca, fino alla rubedo del mattone rosso e del fuoco, il percorso è quello di ogni anima che impara a edificarsi.

Il maiale domestico e il cinghiale selvatico formano da tempi immemori una coppia simbolica nella tradizione europea: abbondanza/fertilità (sfera domestica, cicli agrari) e forza guerriera/ferinità (sfera venatoria). La loro ambivalenza—nutrimento/impurità, prosperità/pericolo—spiega la ricchezza dei ruoli rituali.
“La Luna governa i cicli, i ritorni, le cadute e le rinascite: ogni racconto che si ripete tre volte è eco di un ritmo cosmico.”
(Sermonti, 2001, p. 46)
Celtici: il cinghiale è animale guerriero e sacro, presente nei banchetti dell’Altromondo.
Germanici e norreni: Gullinbursti, il verro d’oro di Freyr, e Sæhrímnir, il maiale inesauribile del Valhalla, simboleggiano abbondanza e rigenerazione.
Grecia: maialini offerti a Demetra, cacce mitiche al cinghiale di Calidone, compagni di Odisseo trasformati in porci da Circe.
Roma: il maiale nei sacrifici (suovetaurilia) per purificare città ed eserciti, o come sigillo di giuramenti.
Cristianità medievale: il porcellino di Sant’Antonio Abate diventa simbolo degli istinti domati e messi al servizio della comunità.
Tradizione contadina italiana: Il maiale diventa “il salvadanaio” della casa, ovvero nutrimento, grassi, conservazione (inverno). L’uccisione rituale segna un capodanno carnale: ciclicità, rendimento della terra, coesione comunitaria.
In Antico Egitto il maiale era spesso considerato impuro, e chi lo maneggiava subiva tabù sociali. In alcune feste, tuttavia, il suino compariva in riti specifici—un’eccezione che conferma l’ambivalenza dell’animale nei sistemi simbolici complessi.

In alcune tradizioni tardo-faraoniche e in letture sacerdotali, il verro nero può figurare un’epifania di Seth o, più in generale, dell’elemento ostile/disgregante. In un racconto mitico noto agli egittologi (ciclo dei Contendings di Horus e Seth), un porco nero ferisce l’Occhio di Horus—immagine del trauma che oscura la vista solare e che deve essere risanato mediante riti di restaurazione dell’occhio (ritorno dell’integrità, Ma’at). La tonalità nigra del porco ne accentua il carattere notturno-lunare e tellurico.
Alcune rappresentazioni mitico-cosmiche egizie attestano una Scrofa celeste che “inghiotte” e “partorisce” le stelle (riflesso di cicli oscuramento/riapparizione—ingresso nel grembo e rinascita). In chiave simbolica, la scrofa evoca gestazione cosmica e nutrimento—temi contigui alla Grande Madre.
“Il banchetto del maiale nell’Altromondo non è solo nutrimento, ma la promessa che la vita si rigenera all’infinito.”
(Kondratiev, 1998, p. 91)
La fiaba dei Tre Porcellini ci chiede: su quali fondamenta stiamo costruendo la nostra vita? Siamo ancora nella casa di paglia, che crolla al primo soffio? Ci illudiamo nella stabilità del legno? O abbiamo imparato a cuocere la terra al fuoco del lavoro interiore, erigendo la nostra casa di mattoni? E quando il lupo bussa, con il suo soffio impetuoso, lo vediamo come nemico o come occasione di crescita? Siamo pronti a cucinare le nostre paure nel calderone del focolare interiore?
I Tre Porcellini non sono soltanto tre fratelli spaventati da un lupo cattivo. Sono tre aspetti della nostra evoluzione: l’infanzia ingenua, la giovinezza fragile, la maturità che ha imparato a costruire con pazienza.
Il lupo è la nostra Ombra, e il calderone sul fuoco è il laboratorio alchemico dove la paura si trasforma in forza.
Così la fiaba, che credevamo un semplice racconto per bambini, si rivela un rito iniziatico domestico, che ci insegna a edificare la nostra anima come una casa di mattoni, capace di resistere al soffio del mondo e alle tempeste interiori.
Bibliografia
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Cattabiani, A. (1994). Lunario. Dodici mesi di miti, feste, leggende e tradizioni popolari d’Italia. Milano: Mondadori.
Cattabiani, A. (1998). Planetario. Simboli, miti e misteri di astri, pianeti e costellazioni. Milano: Mondadori.
Festugière, A.-J. (1981). Ermetismo e mistica pagana. Milano: Adelphi.
Fromm, E. (2001). Il linguaggio dimenticato. Introduzione alla comprensione dei sogni, delle fiabe e dei miti. Milano: Mondadori. (Opera originale pubblicata nel 1951).
Jung, C. G. (2010). Gli archetipi e l’inconscio collettivo. Torino: Bollati Boringhieri. (Opera originale pubblicata nel 1954).
Kondratiev, A. (1998). Il tempo dei Celti. Milano: Edizioni Mediterranee.
Propp, V. J. (2000). Morfologia della fiaba. Torino: Einaudi. (Opera originale pubblicata nel 1928).
Sermonti, G. (2001). Misteri lunari. Nel folklore, nella favola, nel mito, nella scienza. Milano: Rusconi.



